Ustica: storia di una campagna di scavo

scaviustica2Ustica 2005. Cala Santa Maria. Relitto Grotta Azzurra 1 (terza campagna di scavi)
Si è svolta nel 2005 la XIV edizione delle “Lezioni di archeologia e scienze subacquee”, annualmente organizzate ad Ustica da Archeologia Viva sotto la direzione di Piero Pruneti.

Dopo le felici esperienze degli anni precedenti, nell’ambito delle ‘Lezioni’ è stata condotta la terza campagna dello scavo archeologico subacqueo nell’area del porto a Cala Santa Maria, con la direzione scientifica di Giuliano Volpe e di Francesca Spatafora della Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Palermo (Sezione Archeologica) e con la collaborazione scientifica di un’équipe di archeologi subacquei dell’ateneo foggiano (Danilo Leone e Maria Turchiano) e dei tecnici della Associazione ASSO di Roma, oltre che del Diving Club Barracuda. 

Queste attività scientifiche e didattiche subacquee, per la prima volta condotte in modo sistematico ad Ustica, si svolgono da tre anni grazie alla proficua collaborazione tra il Corso di laurea in Beni Culturali della Facoltà di Lettere e Filosofia - Dipartimento di Scienze umane dell’Università di Foggia, la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo, in accordo con la nuova Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia.

scaviusticaLe indagini riguardano l’area del porto, che occupava, anticamente come ancora oggi, l’insenatura ben protetta di Cala Santa Maria, l’unica capace di garantire un’agevole e sicura funzione portuale, associando agli obiettivi scientifici, le problematiche legate alla tutela ed al monitoraggio dello stato dei fondali. Come tutte le zone portuali antiche, anche Cala Santa Maria risulta caratterizzata da una notevole stratificazione di reperti archeologici, con oggetti semplicemente caduti o buttati in mare nell’antichità, ma anche, verosimilmente, con relitti di navi sorprese a breve distanza dall’insenatura dagli improvvisi micidiali colpi di scirocco che si abbattono su questo lato dell’isola.
Da questo punto di vista la documentazione archeologica raccolta nelle acque di Cala Santa Maria risulta molto interessante per la storia dell’isola, in quanto attesta la millenaria attività del porto, consentendo di ricostruire la fitta rete commerciale e i collegamenti stabiliti nel corso del tempo da Ustica, che proprio in età romana e tardoantica conobbe un significativo sviluppo insediativo ed economico, come confermano le numerose ville e fattorie presenti nell’interno.Dopo aver indagato nei due anni passati una porzione posta a breve distanza dalla banchina di attracco del traghetto che collega Ustica a Palermo (vd. L’archeologo subacqueo, 26, 2003, pp. 16-17 e 27, 2003, pp. 8-9), scelta grazie ai preziosi suggerimenti di un esperto conoscitore dei fondali usticesi, Gianfranco Purpura, quest’anno le ricerche hanno riguardato un’altra zona di Cala Santa Maria, nei pressi della Grotta Azzurra, dove da molti anni è noto un relitto di una nave romana a lungo sottoposto ad un’intensa azione di depredamento.

La scelta del sito è stata motivata anche da problemi di tutela e da considerazioni logistiche: si rendeva necessario monitorare lo stato dei fondali e verificarne l’eventuale degrado sotto il profilo archeologico a causa della presenza della banchina di attracco di navi-cisterna, oltre che per l’attività di prelievo clandestino.

 

Lo scavo del relitto Grotta Azzurra 1

scaviustica3Lo scavo del relitto Grotta Azzurra 1 L’area sottoposta ad indagine è situata a circa 50-70 metri di distanza dalla banchina nuova del porto di Ustica, in asse con la banchina stessa. Il relitto è collocato all’interno di una sorta di lama delimitato da barriere rocciose e orientato in senso SO-NE, con una forte pendenza, in corrispondenza di una piccola grotta.
Ad una profondità compresa tra i -15 metri (ingresso della grotta) e i -34 metri, in prossimità di un grosso masso roccioso, è stata delimitata un’area di spargimento di materiali, in particolare un gran numero di frammenti di pance di anfore, con una significativa concentrazione intorno alla quota di -22/-30 metri.
L’area di spargimento ha un’estensione pari a 300 m2 circa. Il grande masso, alto circa 2 metri, potrebbe aver frenato, Ustica.

Quadrettatura dell’area di scavocome una sorta di barriera, lo scivolamento verso il basso dei materiali, per cui è probabile che nella zona antistante, ricca di sabbia e posidonie, sia conservata ancora una parte consistente del carico.
Nella zona a E dello scoglio, il banco roccioso si arresta con un salto di quota di circa 7 metri; nella parte sottostante, a – 39/40 metri, dove il fondale è costituito da una distesa di sabbia a componente prevalentemente limosa, è verosimile che si sia preservata un’altra porzione del giacimento archeologico.

scaviustica4Le operazioni hanno previsto l’impianto di un asse SO-NE, definito da un cordino lungo circa 30 metri.
A 4 metri dal punto ovest, lungo il cordino, è stata installata una quadrettatura rigida, con struttura in tubi metallici, di sei metri per quattro, con quadrati di 2x2 metri.
I quadrati sono stati denominati da O verso E: A3, A4, A5, B3, B4, B5.
Lo scavo all’interno della quadrettatura ha consentito di documentare una maggiore concentrazione di materiali nella fascia B, soprattutto nel quadrato B4.
La maggior parte delle pareti conservate in superficie sono state conteggiate sul fondo, rimosse e riposizionate all’esternoOperazioni di scavo e documentazione della quadrettatura.
Nelle attività di scavo sono state impiegate due sorbone ad acqua.
scaviustica5Il posizionamento del reticolo è stato effettuato con una stazione totale costituita da un teodolite elettronico a terra e da un prisma posizionato su un atollo galleggiante.
Per la documentazione grafica, oltre al normale rilievo diretto effettuato sott’acqua, è stato adottato un sistema computerizzato estremamente speditivo, fondato sull’uso di immagini fotografiche digitali trasferite al computer e sottoposte ad un processo di raddrizzamento e correzione che ha consentito una resa del rilievo in tempi ridottissimi.
Mentre la base del cantiere è stata allestita sulla banchina di attracco, il laboratorio è stato organizzato nella torre dello Spalmatore, dove i reperti sono stati sottoposti, dopo i necessari bagni in acqua dolce, a siglatura, schedatura e documentazione grafica e fotografica.
Nell’area indagata, nel corso del pur limitato tempo a disposizione per le ricerche (dieci giorni circa), sono stati individuati, al di sotto di uno strato di posidonie e sabbia, numerosi reperti, in particolare anfore che documentano la plurisecolare frequentazione dello scalo usticese da parte di navi provenienti da varie parti del Mediterraneo.
In particolare è stato possibile Anfora Dressel 1accertare la presenza di un carico di anfore di tipo Dressel 1A, adibite al trasporto di vino e databili tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C., probabilmente associate ad anfore puniche dello stesso periodo, oltre a ceramiche comuni e da mensa.

Almeno in un caso è stato possibile rinvenire il tappo di pozzolana in situ all’interno del collo dell’anfora.
Si segnala inoltre la presenza di un’anfora Africana II e un’anfora magnogreca, interpretabili come materiali ‘intrusi’.
Per il relitto si è proposta la denominazione Grotta Azzurra 1.
La nave, colpita forse da una tempesta mentre tentava di cercare riparo a Cala Santa Maria, sarà stata spinta contro gli speroni rocciosi che delimitano l’insenatura portuale.
Il suo carico si è così disperso su una superficie alquanto ampia e caratterizzata da una notevole pendenza.
Nella parte inferiore, la parete di roccia ha rappresentato un ostacolo all’ulteriore scivolamento del carico verso la parte più bassa.
Oltre alle anfore e alle ceramiche sono stati individuati due ceppi di ancora in piombo, verosimilmente appartenenti alla stessa imbarcazione.

scaviustica6Il sito è noto fin dagli anni Cinquanta ed è stato certamente oggetto di recuperi continui da parte di subacquei, come dimostrano la presenza in superficie di numerosissimi frammenti di pareti e invece l’assenza di colli e di altre parti più significative, più ‘appetibili’ per i cacciatori d’anfore.

Alcuni colli di anfore Dressel 1 sicuramente appartenenti al relitto, frutto di recuperi occasionali effettuati in passato, sono conservati anche nei depositi della Soprintendenza nella Torre Santa Maria.
Nella stessa area sono stati rinvenuti anche materiali più antichi, tra cui frammenti di un’anfora magnogreca e un’anfora corinzia del IV secolo a.C., che confermano non solo la natura archeologica dei fondali portuali di Cala Santa Maria (in cui è normale il rinvenimento di oggetti di varia natura e cronologia), ma forniscono anche ulteriori dati sull’intensa frequentazione dell’approdo usticese all’interno delle correnti di traffico commerciale del Mediterraneo.

Nonostante la breve durata delle operazioni, l’indagine archeologica a Cala Santa Maria costituisce il primo vero intervento scientifico di archeologia subacquea condotto a Ustica e riveste una sua specificità anche sotto il profilo didattico, poiché rappresenta una rara occasione per gli studenti di praticare l’archeologia subacquea sul campo.

Nel corso di dieci intensissimi giorni, agli allievi delle ‘Lezioni’ è fornita l’opportunità Anfora corinzia Adi effettuare tutte le operazioni connesse con un cantiere archeologico subacqueo, dall’uso della sorbona ad acqua alla realizzazione della documentazione grafica e fotografica, dalla numerazione sul fondo dei reperti al loro recupero, fino alle attività di laboratorio (trattamento in acqua dolce, siglatura, schedatura, disegno, primi interventi di restauro, ecc.) e di studio, oltre alla frequenza di lezioni teoriche e di conferenze.
Accanto agli interventi scavo è stato avviato un progetto di carta archeologica del litorale dell’isola con una preliminare raccolta di dati disponibili (principalmente ricerca bibliografica e segnalazioni) sui siti archeologici e relitti sommersi.

A questa analisi preventiva è seguita una verifica ‘sul campo’ con immersioni programmate e mirate su alcuni siti campione.
Questa fase di prima raccolta dei dati ha consentito di valutare lo stato di conservazione di alcuni beni subacquei gìà segnalati in passato e mai verificati, e poter programmare interventi specifici: ricognizioni, attività di rilevamento topografico, di rilievo strumentale e diretto e di documentazione di dettaglio, inventariazioni e schedature di strutture e materiali (una parte cospicua è conservata nei depositi di Torre Santa Maria), anche con l’impiego di analisi archeometriche.


Guarda il filmato dello scavo

 

 

Recensito dal sito dell'Università di Foggia - Dip. di Scienze Umane - Archeologia


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